18 novembre 2010

Haiti: centomila persone con il colera


Un’emergenza senza fine. Ad Haiti, dove la ricostruzione a quasi un anno dal terremoto non è neppure cominciata, è scoppiato il colera. Sono oltre u n migliaio le vittime e i casi di contagio accertati 14.642. Ma l’Organizzazione mondiale della sanità avverte che per ogni caso che arriva ed è confermato in laboratorio bisogna calcolarne almeno altri 75. Il colera quindi potrebbe aver colpito già quasi centomila persone.
«Si cerca di controllare l’epidemia, l’aspetto positivo è che essendo già mobilitati per il terremoto qui ad Haiti siamo pieni di organizzazioni umanitarie e mediche, quindi la risposta c’è, è coerente e immediata, ma il centro del paese è senza ospedali, senza servizi adeguati, e il contagio viene dal fiume, non puoi sterilizzare un fiume» afferma un operatore di cooperazione internazionale.
A dieci mesi dal terremoto, l’epidemia di colera è deflagrata nella capitale Port-au-Prince, dopo i primi casi nel nord. Secondo l’Oms potrebbe essersi originata dalla contaminazione del fiume Artibonite, dove è stato individuato lo stesso batterio presente nel sudest asiatico. La rabbia della popolazione si è scatenata contro i caschi blu dell’Onu di origine nepalese, in una sorta di caccia all’untore scatenata dal panico collettivo. A coordinare il contrasto dell’epidemia e a curare i contagiati è al momento soprattutto Medici senza frontiere, una presenza provvidenziale, ma anche il segno che il governo locale e il ministero della sanità non hanno le risorse e la capacità di prendere in carico la situazione.
L’ultima tragedia di Haiti è esplosa nonostante il lavoro e la massiccia presenza di molte organizzazioni umanitarie. Si poteva evitare? «Il colera scoppia solo se c’è il vibrione responsabile della malattia e finora ad Haiti non c’era» spiegano i Medici senza frontiere, «In realtà dopo il terremoto non si temeva il colera ma epidemie di tetano, febbre tifoide, morbillo ed è partita subito la vaccinazione. Quel che è certo è che ad Haiti, e in particolare a Port-au-Prince c’erano tutte le condizioni perché il colera esplodesse, ovvero pessime condizioni igieniche, difficoltà di accesso ad acqua pulita e sicura, sovraffollamento nei campi sfollati».

A quasi un anno dal terremoto sono un milione e 500 mila le persone che vivono ancora negli accampamenti tendati. A Port-au-Prince in un anno sono solo state spostate le macerie, non ci sono segni di ricostruzione. Le Ong hanno distribuito gli aiuti d’emergenza, lavorato alla riabilitazione delle scuole, costruito latrine e punti di rifornimento dell’acqua potabile ma la ricostruzione delle case spetta al governo con il supporto delle agenzie delle Nazioni Unite, ma secondo le informazioni che circolano ad Haiti, niente si sbloccherà fino a dopo le elezioni, programmate per il 28 novembre. Tenendo conto che il nuovo presidente di Haiti dovrebbe entrare in carica a febbraio, il piano di ricostruzione dovrà ancora attendere.