27 settembre 2010
Qualche progresso nella lotta alla fame
Nonostante qualche passo avanti, la situazione rimane inaccettabile
Nel 2010 per la prima volta in quindici anni si è invertita la tendenza: 98 milioni di individui sono
saliti sopra la soglia delle 1.800 calorie al giorno, ha detto la Fao con il suo linguaggio tecnico, tipico delle agenzie internazionali.
La fame, insomma, è calata: nel mondo ne soffrono il 9,6% di persone in meno rispetto all’anno scorso. Nel presentare il rapporto Sofi 2010, però, il direttore generale Jacques Diouf ha lasciato poco spazio all’ottimismo: «Con un bambino che muore ogni 6 secondi per problemi connessi alla sottoalimentazione, la fame resta lo scandalo e la tragedia di più vaste proporzioni al mondo» ha detto. «E questo è assolutamente inaccettabile».
Dando un’occhiata alle cifre degli ultimi anni, la buona notizia della Fao risulta ridimensionata. È vero che il numero degli affamati è diminuito, per la prima volta in 15 anni. Ma è anche vero che aveva avuto un’impennata dal 2006 al 2009. Il numero delle persone affamate da 873 milioni del 2006 è salito fino a 1,02 miliardi nel 2009, il livello più alto mai raggiunto. Colpa della crisi alimentare prima e della crisi finanziaria poi, che hanno colpito le persone più vulnerabili, soprattutto in Africa, facendole cadere nel circolo vizioso della miseria e della fame. Ora i nuovi dati della Fao segnano un miglioramento, che però, secondo la stessa agenzia Onu, è da attribuire alla crescita delle economie di Cina e India più che a politiche mirate.
Secondo il rapporto Sofi 2010, la regione con più sottonutriti resta l’Asia con 578 milioni di individui. Ma è l’Africa sub sahariana la regione con la proporzione più alta di affamati: il 30%, con 239 milioni di individui. All’interno del continente, poi, ci sono situazioni differenziate: nel biennio 2005-2007 Congo, Mali, Ghana e Nigeria avevano già raggiunto il primo obiettivo del millennio (sradicare la povertà estrema e la fame), e Paesi come l’Etiopia sono prossimi a farlo. Ma nella Repubblica democratica del Congo la proporzione dei sottonutriti è aumentata del 69%.
Gli otto obiettivi del millennio sono quindi più vicini rispetto a qualche anno fa? I progressi più incoraggianti arrivano sul fronte della salute materna. Secondo il rapporto "Trends in maternal mortality", in Africa sub-sahariana la mortalità materna è diminuita del 26% e in Asia il numero di decessi materni si stima sia sceso da 315 000 a 139 000 tra il 1990 e il 2008, con un calo del 52%.
Il progresso è notevole, sottolinea Unicef, ma il tasso di diminuzione è meno della metà di ciò che è necessario per conseguire l'Obiettivo di Sviluppo del Millennio di ridurre il tasso di mortalità materna del 75% tra il 1990 e il 2015, che richiederà una diminuzione annua del 5,5%; il calo del 34% rispetto al 1990 equivale ad una diminuzione media annua di appena il 2,3%.
Il risultato, tuttavia, segna un progresso evidente contro la mortalità materna, una piaga che affligge soprattutto i Paesi dove il sistema sanitario di base è precario e con poche risorse. Il 99% di tutti i decessi materni nel 2008 si è verificato nei paesi in via di sviluppo, con l’Africa sub Sahariana e l’Asia meridionale, che totalizzano il 57% e il 30% di tutti i decessi.
In vista del Summit Onu del 20 settembre un vasto gruppo di associazioni italiane ha lanciato le sue proposte nel dossier "Raggiungere gli Obiettivi del Millennio. Le raccomandazioni della società civile", indirizzandole al governo italiano e alla delegazione che andrà a New York.