6 settembre 2010


La guerra del pane



L’esecutivo di Maputo non riconsidererà gli incrementi già decisi, condannando alla povertà i due terzi della popolazione. E in tutto il mondo cresce il rischio di una nuova stagione di guerre per il pane. Dieci morti e quasi 300 feriti non sono bastati. Dopo due giorni di guerriglia urbana, con negozi distrutti e saccheggiati, autobus e automobili dati alle fiamme e l’esercito costretto a intervenire per dare man forte alla polizia e aiutarla a disperdere i manifestanti scesi in strada per protestare contro gli aumenti dei prezzi, il governo del Mozambico ha dichiarato che gli incrementi dei costi decisi nelle ultime settimane devono essere considerati «irreversibili».

Per uno Stato che supera di poco i 20 milioni di abitanti e in cui 14 di questi vivono al di sotto della soglia di povertà e stipendi che non arrivano ai 2 dollari al giorno, questo significa condannare la maggior parte della popolazione all’indigenza e alla miseria, con il rischio di nuove ondate di protesta, altri scontri e altre vittime. I dati raccolti dal Fondo monetario internazionale indicano che l’economia del Mozambico cresce più velocemente di quella dei suoi vicini. Nel Paese africano, tuttavia, i prezzi sono in continuo aumento e l’inflazione galoppante erode settimanalmente i già miseri stipendi dei lavoratori.

Il primo settembre i prezzi dell’acqua e dell’elettricità sono aumentati del 13 per cento, mentre già all’inizio di agosto i carburanti erano aumentati dell’8 a causa della politica di liberalizzazione portata avanti dal governo di Maputo, che sta progressivamente smettendo di sovvenzionare la benzina.
Come se tutto ciò non bastasse, la prossima settimana è previsto un ulteriore aumento del prezzo del pane, che andrà ad aggiungersi a quello già registrato nei giorni scorsi.

Recentemente la Fao, l’Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura, ha lanciato l’allarme per la crescita dei prezzi dei generi alimentari sul mercato internazionale, che hanno raggiunto il livello più alto degli ultimi due anni, pur rimanendo comunque al di sotto del picco toccato nel giugno del 2008.
Tra luglio e agosto l’impennata è stata del 5 per cento. Un aumento in parte legato al blocco delle esportazioni di grano russo deciso da Mosca dopo i devastanti incendi che il mese scorso hanno distrutto parte del suo raccolto, ma che in diversi parti del mondo, come in Mozambico, rischia di essere strumentalizzato da governi e compagnie private per generare aumenti dei prezzi e incrementare i propri profitti. Anche per questo le Nazioni unite hanno deciso di analizzare il problema convocando per il 24 settembre una sessione straordinaria del Gruppo intergovernativo sui cereali e del Gruppo intergovernativo sul Riso della Fao.

Intanto però torna ad affacciarsi la possibilità di una nuova stagione di guerre per il pane, come quelle che furono combattute due anni fa in molte delle zone povere del pianeta, dal Messico al Bangladesh, con milioni di persone costrette a lottare contro leggi di mercato e principi economici solo per poter (provare a) mangiare un semplice boccone di pane
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