Ciro Di Fiore
Dopo la lunga notte sull´oceano ecco Rio che appare all`improvviso con le luci delle sue sterminate periferie. Cerco dall`oblò il Cristo Redentor ma non lo vedo. Quando esco sulla strada con le gambe anchilosate mi guardo intorno un po`spaesato.Una ragazza ne approfitta per offrirmi il radio taxi, ma scopro che costa quasi il doppio del taxi normale. Subito concordo con un tassista una corsa fino a Botafogo per poche decine di euro. Dal finestrino guardo le buie strade della periferia deserta immaginandomi a ogni angolo rapinatori armati. In realta´ la situazione non e`cosi`tragica. Per tre giorni faccio il turista tra i quartieri borghesi di Ipanema, Leblon e il Corcovado. Passeggio tra la spiaggia di Copacabana e quella di Flamengo. Grattacieli e villette, vivaci mercati all`aperto e mostruosi centri commerciali con tanto di multisale incorporate. Sotto i ponti decine di meninos de rua, per la stragrande maggioranza tranquilli. La notte vado a Lapa. Uno spettacolo unico: una immensa fiumana di giovani che balla scatenata ad ogni angolo di strada, nei bar, nei locali. Sabato sera faccio una capatina a Santa Teresa, uno dei quartieri dove mi dicevano ci sarebbe piu` vita notturna, ma mi sorprendono le strade buie e deserte. La mattina del quarto giorno parto per Petropolis. Alla stazione degli autobus di Rio per fortuna e´ il giovanissimo frei Alvaci che mi riconosce per primo. Faccio il viaggio in bus in sua compagnia. In un ottimo italiano mi spiega finalmente da vicino il lavoro che ci aspetta, parlandomi anche della situazione del Brasile e dell´infanzia. Un´ora e mezza e siamo a Petropolis. Nel convento dove studio` Leonardo Boff ci sono ora una quarantina di frati, ma molti a Luglio sono in giro per il Brasile. Miei vicini di stanza sono frei Alvaci e Cleber, frate atleta assai allegro. Sono loro i piu` giovani del monastero. La mattina vado a correre um po` con frei Cleber, che mi parla um po` della sua vocazione. Il pranzo e` buonissimo. Petrópolis e`una moderna citta turística, sembra quasi europea. Una bella citta` dove i ricchi di Rio vengono a passare i week-end nelle loro seconde case. Molti non sanno nemmeno dell´ esistenza delle favelas, abitate per la maggior parte dai neri. I pomeriggi successivi vado com frei Alvaci a fare delle passeggiate. Il giorno dopo andiamo a visitarla. In realta` qui la favela si chiama “comunidade”. Ci sono molti volontari che lavorano nel centro “Gente viva”: professoresse, studenti, istruttori, etc. C` e` un ragazzo che impartisce lezioni di capoeira, un altro che insegna karate`, la signora Regina che si occupa dell`organizzazione, il frate Sandro che supervisiona tutto. Io, frei Alvaci e frei Cleber andiamo poi in tutte le case della favela a distribuire i volantini del corso di inglese in cartoni animati. Un` esperienza di grande impatto. Ci accompagnano prima uma ragazza, poi due bambine nere nere. Vivono con dei cagnolini la cui madre non ha il latte e fugge quando i cuccioli si vogliono attaccare. Quando diamo il cioccolatino insieme al biglietto del corso di inglese i bambini sembrano felici. Situazioni di poverta` ma anche di miseria. Cani che ci abbaiano contro. Case fatte in certi casi solo di legno e lamiera. Molte non hanno fogne e acqua corrente. Vecchi semiabbandonati. Malati di mente. Droga. I ragazzini che tornano da scuola rianimano le casette poste ai lati di una lunghissima scala com su` in cima uma chiesetta. Ragazzine rimaste incinta e poi abbandonate guardano malinconiche le scale giu` tenendosi strette il loro bebezinho.Per fortuna il comune tre mesi fa ha costruito dei campi per giocare a cálcio illuminati anche di sera tardi. Qui tutti mi chiamano frei, ma io rispondo che non sono frate. Quando mi presento devo dire “Siro” non “Ciro” perche`”Ciro” e`la pronuncia del termine “Sparo”. La casa dei francescani dove io passero` il mese successivo sta quasi all` estremita` dei gradini. La sera dopo giu`ai gradini facciamo la presentazione del corso di inglese per adulti. Una trentina di persone vi assiste e iniziamo una prima conoscenza. Poi, tra mille scherzi, si fa la riunione direttiva semestrale “e tutto finisce in pizza”.